Terminal di Spielberg

film, DVD, Divx: dalla semiologia alla tecnologia passando dalle impressioni a caldo sull'ultimo film
roby noris
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Terminal di Spielberg

Messaggioda roby noris » mer giu 30, 2004 5:05 pm

Dante mi passa questo articolo del Corriere della sera su Terminal di Spielberg e le implicazioni sul clima preelettorale tutto USA con registi alla Moore che se la Disney non li vuol distribuire loro vincono a Cannes e tornano a casa riempiendo le sale, e ora anche Cast Away in aeroporto che farà piangere tutti.


L'eroe di Spielberg che farà male a Bush
NEW YORK - Victor Navorski contro George W. Bush, ecco il duello politico cinematografico dell'estate 2004. Navorski non è uno dei protagonisti di «Fahrenheit 9/ 11» il documentario di Michael Moore che ha vinto a Cannes e battuto i record di incassi ironizzando sul presidente come inane e corrotto. Navorski è l'eroe del nuovo film di Steven Spielberg, «The Terminal», e può essere lui il vero alleato del democratico John Kerry. Moore attizza l'odio che divide democratici e repubblicani e, come ha scritto Massimo Gaggi, non sposterà un voto. Spielberg parla invece al cuore d'America, che commuove e convince da decenni, con la bonomia di E. T., le avventure di Indiana Jones, la crociata di Schindler.

«The Terminal» è la storia del signor Victor Navorski, turista che arriva all' aeroporto Kennedy dall'immaginaria repubblica ex sovietica di Krakozia. Vuole un souvenir di New York, inseguito per anni. Ai controlli doganali però, Navorski non si scontra solo con le lungaggini burocratiche e gli isterismi quotidiani dopo l' 11 settembre. Sugli schermi tv del terminal, vede le immagini in diretta dal suo paese, esercito in piazza, roghi, civili in fuga. Colpo di stato in Krakozia, il suo passaporto non è più valido. Frank Dixon, gelido funzionario dell'Homeland Security, la pubblica sicurezza Usa, comunica a Victor che dovrà restare relegato nell' aeroporto, né deportato in patria, né ammesso a Manhattan. Il terminal diventa, mese dopo mese, un limbo di negozi duty free, seggiole scomode, hostess frettolose, hamburger e fame. Victor Navorski è un bravissimo Tom Hanks, Frank Dixon un efficace Stanley Tucci. La regia politica di Spielberg li mette uno contro l'altro, visioni opposte dell'America e del mondo. Navorski- Hanks considera gli Usa terra di sogno, arte, musica, integrazione e tolleranza. Dixon- Tucci una fortezza da blindare contro gli stranieri, tutti Osama bin Laden in pectore. Dixon ricorre a ogni trucco per umiliare e arrestare Victor. Lui però, industrioso e paziente, in un hangar abbandonato costruisce una casetta con ogni comfort, trova lavoro come edile abusivo, viene adottato dagli emigranti che, malpagati e disprezzati, custodiscono il JFK, cancello d'America. Gupta, indiano che ha guai con la giustizia, Enrique, manovale innamorato di una poliziotta che usa Victor alla Cirano per recapitare i suoi messaggi, Joe, un nero mansueto che organizza campionati di poker. L'America dei poveri è in Spielberg come l'Italia di Cesare Zavattini, offesa non smarrisce la tenerezza. Troppo zucchero filato di buoni sentimenti? Drammaticamente, Spielberg lancia in scena uno straniero, sorpreso da Dixon a esportare illegalmente medicine. L'uomo minaccia di tagliarsi la gola con un coltellaccio se non gli restituiscono i flaconi e Dixon, nervoso per la visita di un ispettore che può rovinargli la carriera, convoca Navorski, l'unico a parlare la lingua del disperato. Lo straniero si inginocchia davanti a Dixon, lo implora a mani giunte, spiega che i farmaci gli servono per il papà agonizzante, morirà se non le prende subito. Dixon si dice spiacente, ma occorre il certificato di esportazione, le vitali boccette resteranno al Kennedy. Le guardie trascinano già via il poveretto in singhiozzi, quando Victor interviene «Mi son sbagliato, le medicine non servono per suo padre. Servono per le capre» . Nel tentativo di evadere dalla prigione invisibile di regole in cui Dixon lo ha relegato, Victor ha studiato la giurisprudenza del terminal. Sa che, per un capriccio legale da Kafka, i farmaci destinati alle persone necessitano di permessi bollati, i prodotti veterinari no. «Ho sbagliato, lui parla un dialetto locale, e ho confuso le parole 'padre' e 'capra'». Dixon intuisce di essere beffato, ma, burattino ligio alle norme, non può che rilasciare l'arrestato e le preziose pillole.

Spielberg e i suoi spettatori rimpiangono l'America che esportava penicillina, accoglieva gli stranieri, offriva borse di studio e convinceva con grazia, cultura e sensualità. «The Terminal» esorcizza l'incubo di una Guantanamo continentale, Navorski è cittadino di un mondo che chiede uguaglianza e protezione, i precari del Kennedy americani che combattono i terroristi non il genere umano. Alla fine sarà un poliziotto a dire a Victor, « Vai! » e regalargli il cappotto, come San Martino col mantello. La serata di Victor Navorski a Manhattan trascorre in un night club, dove chiede a uno degli ultimi maestri del jazz l'autografo che mancava alla collezione del padre, un fan europeo sepolto dal gulag culturale di Stalin, che guardava alla musica americana come una colonna sonora di libertà. Con la preziosa firma in tasca Victor Navorski torna a casa, felice. Lunedì, mentre tanti facevano la fila per vedere la pellicola di Spielberg, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha determinato che nessun detenuto, americano o straniero, non importa di quali crimini orrendi accusato, può restare in carcere senza processo. La Costituzione garantisce giudici e regole eque. E' la morale di uguaglianza di Victor Navorski. Dal film di Moore, come sempre dalla propaganda, usciranno Evviva! festanti e Abbasso! imbronciati. Spielberg chiama invece a un esame di coscienza sul destino dei Navorski ovunque nel mondo e su una patria dove la musica può rinnovare il consenso disperso dai neoconservatori alla Dixon. Nell'America operosa che le giurie in abito da sera non riescono a vedere da Cannes, la dignità di Victor Navorski può costare a Bush più voti del livore di Moore.

Gianni Riotta

http://www.theterminal-themovie.com/
http://www.corriere.it/speciali/2004/Sp ... ndex.shtml
http://www.corriere.it/speciali/2004/Sp ... inal.shtml

lucia
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Messaggioda lucia » dom lug 04, 2004 4:35 pm

bene: un altro film è entrato nella mia lista

e quest'anonimo estensore di critica cinematografica fa mettere in moto alcune sinapsi, a riposo postprandiale. Ha certamente ragione, quando dice che il disprezzo di Moore per l'attuale governo non sposterà voti, e le lacrime di Terminal probabilmente si.

Qualche anno fa discutevamo con amici americani a proposito di un cambio di governatore a New York:un democristiano aveva scalzato il governatore conservatore, e la cosa ci soddisfaceva assai, essendo quest'ultimo uno dei menatorroni contro la Svizzera, in ogni occasione possibile. Gli amici erano invece scornati, perchè i democristiani sono dei statalisti estremi, e sono i fautori delle peggiori leggi pro-abortive. a loro si deve quell'obbrobrio che è noto con il nome di pre-birth-abortion, cioè quella pratica che permette di uccidere un bimbo che sta nascendo, purché il parto non sia ancora completo. In pratica, quando la testa è uscita, la si buca e si estrae il cervello...
Madre Teresa sostenne per tutta la vita che dall'aborto nascono tutti gli altri crimini.

Questo non è un pladoyer per Bush, che perlomeno si può definire ignorante e totalmente disinteressato al resto del pianeta, a meno che non vi siano interessi economici americani in gioco

Por
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Messaggioda Por » dom lug 04, 2004 11:48 pm

Lucy, togli pure "cristiani", a loro basta definirsi "democratici". Non confondiamo i Kennedy coi Pedrazzini, please...

lucia
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Messaggioda lucia » mar lug 06, 2004 10:44 pm

sorry, you're right.
ho anche chiamato conservatori i repubblicani...

roby noris
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L'ho visto e ...

Messaggioda roby noris » mar lug 20, 2004 1:19 pm

The End. fine della storia. L'ho appena visto e ....Mah! Ben confezionato (e potrebbe non esserlo uno Spielberg?) ma poco entusiasmante. Persino quasi un po' noioso. Probabilmente è un film giusto per il momento politico e culturale americano ma fuori da quei confini è una storiella melò melò che mi pare non si decida da che parte stare: se fosse una fiaba, visto che ci sono gli elementi della riscossa dei perdenti e la saga dei buoni sentimenti, allora dovrebbe andare fino in fondo e la 39enne hostess da sogno, lady Entrepment, se ne dovrebbe andare a "Cracowsia" o in qualsiasi angolo del mondo col mister Cast Away perché tutti vorremmo così e saremmo felici per loro. Oppure questo film vuole essere altro e allora è deboluccio, perché certi personaggi non sono solidi, l'inserviente innamorato della doganiera con matrimonio da aeroporto, il funzionario becero troppo accanito e con poco da fare in un caos del genere per essere credibile o certe situazioni come i primi incontri con l'hostess troppo scritti a tavolino, o l'indiano che ferma il Jumbo con lo strofinaccio (notevole trovata scenica) per andare a farsi 7 anni di prigione in India dopo essersi mimetizzato per 25 al JFK, non esageriamo. Insomma non so dove voglia andare a parare se non facendoci una lezioncina soft sull'integrazione e sui buoni sentimenti che dovrebbero vincere sempre ma in fondo non è poi così perché la superhostess che credo impersonifichi l'America, coglie la verità dei sentimenti autentici ma sceglie altro, la mediocrità sempre vincente anche se velata dal gran geste. Il nostro Tom è bravo come naufrago in un aeroporto, e con lui diversi altri hanno fatto forse l'impossibile ma la scrittura del film credo abbia qualche grosso guaio. Comunque almeno quelli che lavorano negli aeroporti del mondo e non sono belli come le hostess e gli stuart si sentiranno riscattati per due ore.

paolo
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Messaggioda paolo » mar ago 31, 2004 7:01 pm

non so... non l'ho (ancora) visto. solo i trailer in interdet.

comunque c'è davvero un tizio che fanno circa 18 anni che abita al charles-de-gaulle...

quindi: 2 per la sceneggiatura (scopiazzata).

Yari
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Messaggioda Yari » lun ott 18, 2004 8:39 am

Finalmente l'ho visto. Il grande problema di questo film, accennato anche da Roby sopra, è la sua presenza nell'ordine delle cose. Come commedia-filmetto niente da dire, a me è piaciuto. Certo, se ci si vuole spingere più in là tutto comincia a traballare. E non decolla: crolla.
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roby noris
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non decolla

Messaggioda roby noris » lun ott 18, 2004 6:17 pm

non solo non decolla ma neppure atterra. :shock: Anche come commedia è ratata, come ho già tentato di spiegare, anche se può essere abbastanza piacevole visto il cast e il regista (ammesso che...perché ho seri dubbi su cosa abbia fatto Spielberg), non decide cosa essere, barcamenandosi malamente fra diversi generi. Le commedie brillanti si sviluppano diversamente e gli approfondimenti su tematiche sociali non parliamone. No,No! :cry: Spielberg non c'era (infatti segue ormai diversi film nello stesso tempo) o se c'era era ubriaco. Ma perché non vai a curiosare in www.vhf.org di cui accenno in un altro angolo del forum http://forum.caritas-ticino.ch/viewtopic.php?t=85
questo è uno Spielberg da conoscere.

Yari
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Messaggioda Yari » mer nov 24, 2004 1:40 pm

Grazie per l'interessante indicazione.
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