l'altra faccia della rivoluzione francese

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Dante Balbo
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l'altra faccia della rivoluzione francese

Messaggioda Dante Balbo » sab gen 01, 2005 1:52 pm

ciao,
trovo e giro un interessante articolo che se è vero mi sembra parziale e un po' troppo radicale, dice finalmente quello che l'attenzione al politically corect ha impedito alla storeografia di sinistra imperante negli ultimi trentanni.
Si trattta di un vecchio articolo tratto da Il sabato, che un compagno di una lista cui sono iscritto si è deciso a mandare in giro solo ora.
****
La tragedia della Rivoluzione francese

Un'aula della Sorbona, a Parigi. Fuori un tiepido gennaio. Dentro comincia la prima lezione dell'anno 1989. Sulla cattedra è il professor Pierre Chaunu,

una delle autorità per la storia moderna, membro dell'Institut de France, con una sessantina di titoli al suo attivo.

Esordisce in tono sarcastico: "Dunque questa è la prima lezione dell'anno: voi sapete che cadono nell'89 una quantità di anniversari importanti". E snocciola

una filza di eventi storici, scientifici, economici, ma neanche una parola sulla Grande Commemorazione, quella che infiamma la Francia da otto anni: "Ho

dimenticato qualcosa?" chiede beffardo il professor Chaunu, "no, non mi sembra ci sia altro di importante da ricordare".

È stato il Grande Guastafeste del bicentenario della Rivoluzione. Brillante, corrosivo, preparatissimo, ha appena dato alle stampe un libro di fuoco, La

révolution declassée, dove fa a pezzi il mito della Rivoluzione dell'89 e soprattutto il conformismo degli intellettuali di corte e la retorica di regime

di questo bicentenario. I suoi stessi avversari non osano contestarlo: persino Max Gallo, obtorto collo, lo ha definito "un ottimo storico". Ed è praticamente

invulnerabile, non essendo né cattolico, né reazionario (è infatti protestante e liberale). C'è una lunga tradizione liberale di critica aspra alla Rivoluzione,

che comincia addirittura a fine Settecento con l'inglese Edmund Burke. Ma Chaunu si è spinto oltre. Ha guidato le ricerche di alcuni giovani e brillanti

storici francesi fra documenti e dossier finora rimossi dalla storiografia ufficiale, e ne sono venuti fuori libri esplosivi, sconvolgenti, come quelli

di Reynald Secher sul genocidio della Vandea. Incontriamo Chaunu nella sua casa di Caen.

Professore, il suo libro è uscito in Francia a marzo, già da alcuni anni lei si è ribellato al coro degli intellettuali e alle ingiunzioni del potere politico,

contestando la legittimità di queste celebrazioni. Perché?

È una mascherata indecente, un'operazione politica che sfrutta le stupidaggini che la scuola di Stato insegna sulla Rivoluzione. Pensi alle bétises del

ministro della Cultura Lang: "L'89 segna il passaggio dalle tenebre alla luce". Ma quale luce? Stiamo commemorando la rivoluzione della menzogna, del furto

e del crimine. Ma trovo scioccante soprattutto che, alle soglie del '92, anche tutto il resto d'Europa festeggi un periodo dove noi ci siamo comportati

da aggressori verso tutti i nostri vicini, saccheggiando mezza Europa e provocando milioni di morti. Cosa c'è da festeggiare? Eppure qua in Francia ogni

giorno una celebrazione, il 3 aprile, il 5, il 10. È grottesco.

Ma è stato comunque un evento che ha cambiato la storia.

Certo, come la peste nera del 1348, ma nessuno la festeggia. Ad un giornalista tedesco ho chiesto: perché voi tedeschi non festeggiate la nascita di Hitler?

Quello è sobbalzato sulla sedia. Ma non è forse la stessa cosa?

Dica la verità, lei è diventato reazionario. Ce l'ha con la modernità?

Io sono liberale, con una certa simpatia per l'illuminismo tedesco e inglese. Ma proprio questa è la grande menzogna che pare impossibile poter estirpare:

tu sei contro la Rivoluzione, dunque tu sei contro la modernità, sei per la lampada a petrolio e per la carrozza a cavalli. Al contrario. Io sono contro

la Rivoluzione francese proprio perché sono per la modernità, per la penicillina, per il vaccino contro il vaiolo. Perché non festeggiamo Jenner che con

la sua scoperta, dal '700 a oggi, ha salvato più di un miliardo di vite umane? Questo è il progresso. La Rivoluzione ha semmai bloccato il cammino verso

la modernità; ha distrutto in pochi anni gran parte di ciò che era stato fatto in mille anni. E la Francia, che fino al 1788 era al primo posto in Europa,

dalla Rivoluzione non si è più sollevata.

Ma lei lo può dimostrare?

Guardi, circa trent'anni fa ho contribuito a fondare la storia economica quantitativa, e oggi, con i modelli econometrici, chiunque può arrivare a queste

conclusioni. Sono fatti e cifre. Tutte le curve di crescita del mio Paese si bloccano alla Rivoluzione. Era un Paese di 28 milioni di abitanti, il più

sviluppato, creativo, evoluto, con un trend da primato: la Rivoluzione, insieme alle devastazioni sull'apparato produttivo, ha scavato un abisso di due

milioni di morti, un crollo di generazioni che ha accompagnato il crollo economico.

Nella produzione media procapite, Francia e Inghilterra, i due Paesi più sviluppati del mondo, avevano rispettivamente, nel 1780, un indice 110 e 100. Ebbene

nel 1815 la Francia era precipitata a 60, contro 100 dell'Inghilterra, che da allora non ha avuto più concorrenti. È stato il prezzo della Rivoluzione.

Ce ne spieghi almeno un motivo.

Attorno al '93 - e per un decennio - la Francia ha cominciato a vivere al 78 per cento del prelievo sul capitale e per il 22 per cento sulle tasse e le

rendite, che non venivano reinvestite, ma consumate, bruciate e rubate per arricchire la Nomenklatura. È stata una dilapidazione spaventosa, un impoverimento

storico. Quando Chateaubriand è tornato in Francia, nel 1800, ha avuto un'intuizione fulminante: "è strano: da quando sono partito non hanno più pitturato

persiane e porte". Quando le finestre sono sverniciate e le latrine non funzionano può star certo che c'è stata una rivoluzione.

Ma comunque la Rivoluzione ha spalancato il pensiero umano.

Oh, santo cielo! Ma è stata una colossale distruzione di intelligenze e di ricchezze.

Se lei taglia la testa a Lavoisier, il fondatore della chimica moderna, a 37 anni, il costo per l'umanità è enorme. Moltiplichi quel caso per cento. Come

finì tutta l'élite scientifica e intellettuale? Quelli che non sono emigrati sono stati massacrati. Una perdita gigantesca. Sarebbe questa la conquista

della civiltà?

Il 43 per cento dei francesi, nel 1788, sapeva firmare, sapeva scrivere. Dopo la Rivoluzione si crolla al 39 per cento, perché si erano sottratti i beni

alla Chiesa (che per secoli aveva educato il popolo) e si erano distribuiti alla Nomenklatura.

E le chiese trasformate in porcili e i tesori d'arte devastati.

E' vero: fecero a pezzi le statue di Notre Dame, distrussero Cluny, e quasi tutte le chiese romaniche e gotiche...

Le ripeto: furto, menzogna e crimine, questa è la vera trilogia della Rivoluzione, che ha messo a ferro e fuoco l'Europa.

I francesi sono persuasi che la democrazia sia nata nell'89 e che l'umanità abbia imitato loro. È pazzesco! In realtà la sola rivoluzione da festeggiare

sarebbe quella inglese del 1668: da lì è venuto il sistema rappresentativo e il governo parlamentare, lo Stato liberale che tutta Europa ha imitato.

Ma qualcosa di buono ci sarà pùr stato: per esempio la Dichiarazione dei diritti dell'uome e del cittadino.

Quello fu l'inganno più perverso. Le due Costituzioni più democratiche che siano mai state fatte sono quella sovietica di Stalin del 1936 e quella dei ghigliottinatori

francesi del 1793. I loro frutti furono orrendi. Al contrario, il Paese che ha fondato la libertà, l'Inghilterra, non ha mai avuto Costituzioni. Delle

Dichiarazioni io me ne infischio! E d'altra parte libertà, fraternità e uguaglianza non esistono che davanti a Dio. Le dirò che il miglior giudizio sulla

Dichiarazione dei diritti dell'uomo lo formulò Fustelle de Coulange, il più grande storico francese dell'800 e mio predecessore all'Accademia di scienze

morali e politiche. Egli disse: questi principi hanno mille anni, semmai la Dichiarazione li formula in modo un po' astratto. Ma una cosa nuova c'è: hanno

spacciato dei principi antichi per una scoperta loro e l'hanno usata come un'arma contro il passato. Questo è perverso.

La conseguenza politica della Filosofia dei Lumi, no?

No. L'Illuminismo c'è stato in tutta Europa. Kant non era certo da meno di Voltaire. Ma la Rivoluzione c'è stata solo qui da noi. Non si può certo credere

che i francesi fossero gli unici a pensare, in Europa. Dunque non c'è un nesso storico. È una menzogna anche parlare di fatalità storica, inevitabile.

La persecuzione contro la Chiesa e il progetto di sradicare il cristianesimo dalla Francia ebbe come sua prima causa degli interessi finanziari, non questioni

metafisiche.

Ci spieghi, professore.

Nel XVII secolo tutti gli Stati europei hanno istituzioni rappresentative. La Francia però, a poco a poco, le lasciò cadere in desuetudine. Per questo divenne

una sorta di paradiso fiscale, perché - è noto - non si possono aumentare le imposte senza istituzioni rappresentative. Un esempio: la pressione fiscale

fra 1670 e 1780 in Francia rimane ad un indice 100, mentre in Inghilterra sale da 70 a 200, in proporzione. La Francia si trova così ad avere uno Stato

moderno, un moderno esercito, 450mila uomini, una potenza di prim'ordine, ma con risorse finanziarie vicino alla bancarotta perché per poterle mantenere

come l'Inghilterra dovrebbe aumentare le tasse del 100 per cento.

Dunque viene chiamata ad affrontare la questione la rappresentanza del popolo, gli Stati generali.

Sì, i rappresentanti eletti però sono la più colossale assemblea di dementi che la storia abbia mai visto. Irresponsabili. Sfrenati solo nelle pretese,

perché nessuno voleva farsi carico dei sacrifici (basti pensare che fra i deputati del Terzo stato c'erano un banchiere, 30 imprenditori e 622 avvocati

senza causa). Non capiscono nulla di economia, hanno chiaro solo che a pagare devono essere gli altri. Così cominciano a vedere cosa possono confiscare:

prima sopprimono la decima alla Chiesa, che nessuno nel popolo chiedeva di sopprimere perché significava sopprimere i finanziamenti per le scuole e gli

ospedali. Si confiscano i beni del clero, donati alla Chiesa nel corso dei secoli, che ammontavano però solo al 7-8 per cento delle terre. Si comincia

a diffondere l'idea che la Chiesa nasconda i suoi tesori, si confiscano i beni delle Abbazie.

E l'operazione si dà pure una maschera ideologica.

Certo. Si impone la Costituzione civile del clero, perché senza modificare e manomettere la struttura della Chiesa non avrebbero potuto rubare. I beni della

Chiesa, che da secoli mantenevano scuole e ospedali, vengono accaparrati da una masnada di 80mila famiglie di ladri, nobili e borghesi, destra e sinistra:

è per questo che tuttora la Rivoluzione in Francia è intoccabile! Perché fu una Grande Ruberia a vantaggio della classe dirigente. Il furto ha bisogno

della menzogna e della persecuzione perché non era facile imporre ai preti e al popolo il sopruso. Per questo si impose il giuramento ai preti e chi non

giurò fu massacrato. La Rivoluzione è stata una guerra di religione.

E in Vandea cos'è accaduto?

Il popolo si ribellò per difendere la sua fede. Il Direttorio voleva imporre la coscrizione militare obbligatoria (è una loro invenzione perché fino ad

allora solo i nobili andavano a far la guerra e per il tributo del sangue erano esonerati dalle tasse). Nello stesso giorno chiudono tutte le, loro chiese.

I contadini vandeani si sono ribellati: allora tanto vale morire per difendere la nostra libertà. Hanno imposto ai nobili, assai refrattari, di mettersi

al comando dell'esercito cattolico di Vandea e sono andati al massacro, perché sproporzionata era la loro preparazione al confronto di quella dell'esercito

di Clébert. Così la Vandea è stata schiacciata senza pietà. Ma vorrei ricordare che sotto le insegne del Sacro Cuore combatterono anche dei battaglioni

dei paesi protestanti della Vandea. Cattolici, protestanti ed ebrei affrontarono insieme la ghigliottina, per esempio a Montpellier, per difendere la libertà.

Ma in Vandea non finisce così.

Questo è il capitolo più orrendo. Nel dicembre 1793 il governo rivoluzionario dà ordine di sterminare la popolazione delle 778 parrocchie: "Bisogna massacrare

le donne perché non riproducano e i bambini perché sarebbero i futuri briganti". Questo scrissero. Firmato dal ministro della Guerra del tempo Lazare Carnot.

Il generale Clébert si è rifiutato di eseguire quell'ordine: "Ma per chi mi prendete? Io sono un soldato non un macellaio". Allora hanno mandato Turreau,

un cretino, alcolizzato, con un'armata di vigliacchi.

Fu il massacro?

Nove mesi dopo il generale Hoche, nominato comandante, arrivò in Vandea. Restò inorridito. Scrisse una lettera memorabile e ammirabile al governo della

Convenzione: "Non ho mai visto nulla di così atroce. Avete disonorato la Repubblica! Avete disonorato la Rivoluzione! Io porto alla vostra conoscenza che

a partire da oggi farò fucilare tutti quelli che obbediranno ai vostri ordini...". Cosa aveva visto? 250.000 massacrati su una popolazione di 600.000 abitanti,

paesi e città rase al suolo e bruciate, donne e bambini orrendamente straziati. A Evreux e a Les Mains si ghigliottinavano a decine colpevoli solo di essere

nati a Fontaine au Campte. Questo fu il genocidio vandeano. È questo che festeggiamo?

Fece scandalo, nel 1983, quando lei, per la prima volta, usò la parola genocidio, imputando la Rivoluzione. Perché?

I fatti parlano. Nessuno ha saputo negarli. E nulla può giustificare un simile orrore. Ma prima di me, nel 1894, fu un rivoluzionario socialista, Babeuf,

che denunciò "il popolicidio della Vandea" (in un libro introvabile che noi abbiamo fatto ristampare). Non c'è differenza alcuna fra ciò che ha fatto il

governo rivoluzionario in Vandea e ciò che ha fatto Hitler. Anzi una c'è. Hitler era scaltro e non dette mai per scritto l'ordine di eliminazione degli

ebrei. Questi dell'89, oltreché assassini, erano anche stupidi e dettero l'ordine per scritto e lo pubblicarono perfino su Le Moniteur.

Certe persecuzioni hanno rinsaldato la fede del popolo. Ma questa francese sembra aver cancellato la cristianità.

Sì, è così. Per 15 anni fu resa impossibile la trasmissione della fede. Un'intera generazione. Pensi che Michelet fu battezzato a 20 anni e Victor Hugo

non ha mai saputo se era stato battezzato o no. Le chiese chiuse. I preti uccisi o costretti a spretarsi e sposarsi o deportati e esiliati. Francamente

io non capisco come oggi i cattolici possano inneggiare alla Rivoluzione, Altra cosa è il perdono e altra solidarizzare con i carnefici, rinnegando le

vittime e i martiri. Penso che la Chiesa tema, parlando male della Rivoluzione, di sembrare antimoderna, di opporsi alla modernità. Io credo che sia il

contrario. E sono orgoglioso che sia stato un Paese protestante come l'Inghilterra a dare asilo ai preti cattolici perseguitati. Infatti non c'è libertà

più fondamentale della libertà religiosa".

da Il Sabato, 29 aprile 1989
D.G.B.

bem
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Re: l'altra faccia della rivoluzione francese

Messaggioda bem » lun nov 07, 2005 9:43 am

Articolo molto istruttivo, é la conferma di quello che scrive il Card. G. Biffi in merito "difatto é la prima pulizia etnica" poi ripresa dai più storicizzati Hitler, Lenin, Stalin, Pol Pot, ecc. - ... una bella formazione in merito non sarebbe male.
bem 7.11.2005

Dante Balbo ha scritto:ciao,
trovo e giro un interessante articolo che se è vero mi sembra parziale e un po' troppo radicale, dice finalmente quello che l'attenzione al politically corect ha impedito alla storeografia di sinistra imperante negli ultimi trentanni.
Si trattta di un vecchio articolo tratto da Il sabato, che un compagno di una lista cui sono iscritto si è deciso a mandare in giro solo ora.
****
La tragedia della Rivoluzione francese

Un'aula della Sorbona, a Parigi. Fuori un tiepido gennaio. Dentro comincia la prima lezione dell'anno 1989. Sulla cattedra è il professor Pierre Chaunu,

una delle autorità per la storia moderna, membro dell'Institut de France, con una sessantina di titoli al suo attivo.

Esordisce in tono sarcastico: "Dunque questa è la prima lezione dell'anno: voi sapete che cadono nell'89 una quantità di anniversari importanti". E snocciola

una filza di eventi storici, scientifici, economici, ma neanche una parola sulla Grande Commemorazione, quella che infiamma la Francia da otto anni: "Ho

dimenticato qualcosa?" chiede beffardo il professor Chaunu, "no, non mi sembra ci sia altro di importante da ricordare".

È stato il Grande Guastafeste del bicentenario della Rivoluzione. Brillante, corrosivo, preparatissimo, ha appena dato alle stampe un libro di fuoco, La

révolution declassée, dove fa a pezzi il mito della Rivoluzione dell'89 e soprattutto il conformismo degli intellettuali di corte e la retorica di regime

di questo bicentenario. I suoi stessi avversari non osano contestarlo: persino Max Gallo, obtorto collo, lo ha definito "un ottimo storico". Ed è praticamente

invulnerabile, non essendo né cattolico, né reazionario (è infatti protestante e liberale). C'è una lunga tradizione liberale di critica aspra alla Rivoluzione,

che comincia addirittura a fine Settecento con l'inglese Edmund Burke. Ma Chaunu si è spinto oltre. Ha guidato le ricerche di alcuni giovani e brillanti

storici francesi fra documenti e dossier finora rimossi dalla storiografia ufficiale, e ne sono venuti fuori libri esplosivi, sconvolgenti, come quelli

di Reynald Secher sul genocidio della Vandea. Incontriamo Chaunu nella sua casa di Caen.

Professore, il suo libro è uscito in Francia a marzo, già da alcuni anni lei si è ribellato al coro degli intellettuali e alle ingiunzioni del potere politico,

contestando la legittimità di queste celebrazioni. Perché?

È una mascherata indecente, un'operazione politica che sfrutta le stupidaggini che la scuola di Stato insegna sulla Rivoluzione. Pensi alle bétises del

ministro della Cultura Lang: "L'89 segna il passaggio dalle tenebre alla luce". Ma quale luce? Stiamo commemorando la rivoluzione della menzogna, del furto

e del crimine. Ma trovo scioccante soprattutto che, alle soglie del '92, anche tutto il resto d'Europa festeggi un periodo dove noi ci siamo comportati

da aggressori verso tutti i nostri vicini, saccheggiando mezza Europa e provocando milioni di morti. Cosa c'è da festeggiare? Eppure qua in Francia ogni

giorno una celebrazione, il 3 aprile, il 5, il 10. È grottesco.

Ma è stato comunque un evento che ha cambiato la storia.

Certo, come la peste nera del 1348, ma nessuno la festeggia. Ad un giornalista tedesco ho chiesto: perché voi tedeschi non festeggiate la nascita di Hitler?

Quello è sobbalzato sulla sedia. Ma non è forse la stessa cosa?

Dica la verità, lei è diventato reazionario. Ce l'ha con la modernità?

Io sono liberale, con una certa simpatia per l'illuminismo tedesco e inglese. Ma proprio questa è la grande menzogna che pare impossibile poter estirpare:

tu sei contro la Rivoluzione, dunque tu sei contro la modernità, sei per la lampada a petrolio e per la carrozza a cavalli. Al contrario. Io sono contro

la Rivoluzione francese proprio perché sono per la modernità, per la penicillina, per il vaccino contro il vaiolo. Perché non festeggiamo Jenner che con

la sua scoperta, dal '700 a oggi, ha salvato più di un miliardo di vite umane? Questo è il progresso. La Rivoluzione ha semmai bloccato il cammino verso

la modernità; ha distrutto in pochi anni gran parte di ciò che era stato fatto in mille anni. E la Francia, che fino al 1788 era al primo posto in Europa,

dalla Rivoluzione non si è più sollevata.

Ma lei lo può dimostrare?

Guardi, circa trent'anni fa ho contribuito a fondare la storia economica quantitativa, e oggi, con i modelli econometrici, chiunque può arrivare a queste

conclusioni. Sono fatti e cifre. Tutte le curve di crescita del mio Paese si bloccano alla Rivoluzione. Era un Paese di 28 milioni di abitanti, il più

sviluppato, creativo, evoluto, con un trend da primato: la Rivoluzione, insieme alle devastazioni sull'apparato produttivo, ha scavato un abisso di due

milioni di morti, un crollo di generazioni che ha accompagnato il crollo economico.

Nella produzione media procapite, Francia e Inghilterra, i due Paesi più sviluppati del mondo, avevano rispettivamente, nel 1780, un indice 110 e 100. Ebbene

nel 1815 la Francia era precipitata a 60, contro 100 dell'Inghilterra, che da allora non ha avuto più concorrenti. È stato il prezzo della Rivoluzione.

Ce ne spieghi almeno un motivo.

Attorno al '93 - e per un decennio - la Francia ha cominciato a vivere al 78 per cento del prelievo sul capitale e per il 22 per cento sulle tasse e le

rendite, che non venivano reinvestite, ma consumate, bruciate e rubate per arricchire la Nomenklatura. È stata una dilapidazione spaventosa, un impoverimento

storico. Quando Chateaubriand è tornato in Francia, nel 1800, ha avuto un'intuizione fulminante: "è strano: da quando sono partito non hanno più pitturato

persiane e porte". Quando le finestre sono sverniciate e le latrine non funzionano può star certo che c'è stata una rivoluzione.

Ma comunque la Rivoluzione ha spalancato il pensiero umano.

Oh, santo cielo! Ma è stata una colossale distruzione di intelligenze e di ricchezze.

Se lei taglia la testa a Lavoisier, il fondatore della chimica moderna, a 37 anni, il costo per l'umanità è enorme. Moltiplichi quel caso per cento. Come

finì tutta l'élite scientifica e intellettuale? Quelli che non sono emigrati sono stati massacrati. Una perdita gigantesca. Sarebbe questa la conquista

della civiltà?

Il 43 per cento dei francesi, nel 1788, sapeva firmare, sapeva scrivere. Dopo la Rivoluzione si crolla al 39 per cento, perché si erano sottratti i beni

alla Chiesa (che per secoli aveva educato il popolo) e si erano distribuiti alla Nomenklatura.

E le chiese trasformate in porcili e i tesori d'arte devastati.

E' vero: fecero a pezzi le statue di Notre Dame, distrussero Cluny, e quasi tutte le chiese romaniche e gotiche...

Le ripeto: furto, menzogna e crimine, questa è la vera trilogia della Rivoluzione, che ha messo a ferro e fuoco l'Europa.

I francesi sono persuasi che la democrazia sia nata nell'89 e che l'umanità abbia imitato loro. È pazzesco! In realtà la sola rivoluzione da festeggiare

sarebbe quella inglese del 1668: da lì è venuto il sistema rappresentativo e il governo parlamentare, lo Stato liberale che tutta Europa ha imitato.

Ma qualcosa di buono ci sarà pùr stato: per esempio la Dichiarazione dei diritti dell'uome e del cittadino.

Quello fu l'inganno più perverso. Le due Costituzioni più democratiche che siano mai state fatte sono quella sovietica di Stalin del 1936 e quella dei ghigliottinatori

francesi del 1793. I loro frutti furono orrendi. Al contrario, il Paese che ha fondato la libertà, l'Inghilterra, non ha mai avuto Costituzioni. Delle

Dichiarazioni io me ne infischio! E d'altra parte libertà, fraternità e uguaglianza non esistono che davanti a Dio. Le dirò che il miglior giudizio sulla

Dichiarazione dei diritti dell'uomo lo formulò Fustelle de Coulange, il più grande storico francese dell'800 e mio predecessore all'Accademia di scienze

morali e politiche. Egli disse: questi principi hanno mille anni, semmai la Dichiarazione li formula in modo un po' astratto. Ma una cosa nuova c'è: hanno

spacciato dei principi antichi per una scoperta loro e l'hanno usata come un'arma contro il passato. Questo è perverso.

La conseguenza politica della Filosofia dei Lumi, no?

No. L'Illuminismo c'è stato in tutta Europa. Kant non era certo da meno di Voltaire. Ma la Rivoluzione c'è stata solo qui da noi. Non si può certo credere

che i francesi fossero gli unici a pensare, in Europa. Dunque non c'è un nesso storico. È una menzogna anche parlare di fatalità storica, inevitabile.

La persecuzione contro la Chiesa e il progetto di sradicare il cristianesimo dalla Francia ebbe come sua prima causa degli interessi finanziari, non questioni

metafisiche.

Ci spieghi, professore.

Nel XVII secolo tutti gli Stati europei hanno istituzioni rappresentative. La Francia però, a poco a poco, le lasciò cadere in desuetudine. Per questo divenne

una sorta di paradiso fiscale, perché - è noto - non si possono aumentare le imposte senza istituzioni rappresentative. Un esempio: la pressione fiscale

fra 1670 e 1780 in Francia rimane ad un indice 100, mentre in Inghilterra sale da 70 a 200, in proporzione. La Francia si trova così ad avere uno Stato

moderno, un moderno esercito, 450mila uomini, una potenza di prim'ordine, ma con risorse finanziarie vicino alla bancarotta perché per poterle mantenere

come l'Inghilterra dovrebbe aumentare le tasse del 100 per cento.

Dunque viene chiamata ad affrontare la questione la rappresentanza del popolo, gli Stati generali.

Sì, i rappresentanti eletti però sono la più colossale assemblea di dementi che la storia abbia mai visto. Irresponsabili. Sfrenati solo nelle pretese,

perché nessuno voleva farsi carico dei sacrifici (basti pensare che fra i deputati del Terzo stato c'erano un banchiere, 30 imprenditori e 622 avvocati

senza causa). Non capiscono nulla di economia, hanno chiaro solo che a pagare devono essere gli altri. Così cominciano a vedere cosa possono confiscare:

prima sopprimono la decima alla Chiesa, che nessuno nel popolo chiedeva di sopprimere perché significava sopprimere i finanziamenti per le scuole e gli

ospedali. Si confiscano i beni del clero, donati alla Chiesa nel corso dei secoli, che ammontavano però solo al 7-8 per cento delle terre. Si comincia

a diffondere l'idea che la Chiesa nasconda i suoi tesori, si confiscano i beni delle Abbazie.

E l'operazione si dà pure una maschera ideologica.

Certo. Si impone la Costituzione civile del clero, perché senza modificare e manomettere la struttura della Chiesa non avrebbero potuto rubare. I beni della

Chiesa, che da secoli mantenevano scuole e ospedali, vengono accaparrati da una masnada di 80mila famiglie di ladri, nobili e borghesi, destra e sinistra:

è per questo che tuttora la Rivoluzione in Francia è intoccabile! Perché fu una Grande Ruberia a vantaggio della classe dirigente. Il furto ha bisogno

della menzogna e della persecuzione perché non era facile imporre ai preti e al popolo il sopruso. Per questo si impose il giuramento ai preti e chi non

giurò fu massacrato. La Rivoluzione è stata una guerra di religione.

E in Vandea cos'è accaduto?

Il popolo si ribellò per difendere la sua fede. Il Direttorio voleva imporre la coscrizione militare obbligatoria (è una loro invenzione perché fino ad

allora solo i nobili andavano a far la guerra e per il tributo del sangue erano esonerati dalle tasse). Nello stesso giorno chiudono tutte le, loro chiese.

I contadini vandeani si sono ribellati: allora tanto vale morire per difendere la nostra libertà. Hanno imposto ai nobili, assai refrattari, di mettersi

al comando dell'esercito cattolico di Vandea e sono andati al massacro, perché sproporzionata era la loro preparazione al confronto di quella dell'esercito

di Clébert. Così la Vandea è stata schiacciata senza pietà. Ma vorrei ricordare che sotto le insegne del Sacro Cuore combatterono anche dei battaglioni

dei paesi protestanti della Vandea. Cattolici, protestanti ed ebrei affrontarono insieme la ghigliottina, per esempio a Montpellier, per difendere la libertà.

Ma in Vandea non finisce così.

Questo è il capitolo più orrendo. Nel dicembre 1793 il governo rivoluzionario dà ordine di sterminare la popolazione delle 778 parrocchie: "Bisogna massacrare

le donne perché non riproducano e i bambini perché sarebbero i futuri briganti". Questo scrissero. Firmato dal ministro della Guerra del tempo Lazare Carnot.

Il generale Clébert si è rifiutato di eseguire quell'ordine: "Ma per chi mi prendete? Io sono un soldato non un macellaio". Allora hanno mandato Turreau,

un cretino, alcolizzato, con un'armata di vigliacchi.

Fu il massacro?

Nove mesi dopo il generale Hoche, nominato comandante, arrivò in Vandea. Restò inorridito. Scrisse una lettera memorabile e ammirabile al governo della

Convenzione: "Non ho mai visto nulla di così atroce. Avete disonorato la Repubblica! Avete disonorato la Rivoluzione! Io porto alla vostra conoscenza che

a partire da oggi farò fucilare tutti quelli che obbediranno ai vostri ordini...". Cosa aveva visto? 250.000 massacrati su una popolazione di 600.000 abitanti,

paesi e città rase al suolo e bruciate, donne e bambini orrendamente straziati. A Evreux e a Les Mains si ghigliottinavano a decine colpevoli solo di essere

nati a Fontaine au Campte. Questo fu il genocidio vandeano. È questo che festeggiamo?

Fece scandalo, nel 1983, quando lei, per la prima volta, usò la parola genocidio, imputando la Rivoluzione. Perché?

I fatti parlano. Nessuno ha saputo negarli. E nulla può giustificare un simile orrore. Ma prima di me, nel 1894, fu un rivoluzionario socialista, Babeuf,

che denunciò "il popolicidio della Vandea" (in un libro introvabile che noi abbiamo fatto ristampare). Non c'è differenza alcuna fra ciò che ha fatto il

governo rivoluzionario in Vandea e ciò che ha fatto Hitler. Anzi una c'è. Hitler era scaltro e non dette mai per scritto l'ordine di eliminazione degli

ebrei. Questi dell'89, oltreché assassini, erano anche stupidi e dettero l'ordine per scritto e lo pubblicarono perfino su Le Moniteur.

Certe persecuzioni hanno rinsaldato la fede del popolo. Ma questa francese sembra aver cancellato la cristianità.

Sì, è così. Per 15 anni fu resa impossibile la trasmissione della fede. Un'intera generazione. Pensi che Michelet fu battezzato a 20 anni e Victor Hugo

non ha mai saputo se era stato battezzato o no. Le chiese chiuse. I preti uccisi o costretti a spretarsi e sposarsi o deportati e esiliati. Francamente

io non capisco come oggi i cattolici possano inneggiare alla Rivoluzione, Altra cosa è il perdono e altra solidarizzare con i carnefici, rinnegando le

vittime e i martiri. Penso che la Chiesa tema, parlando male della Rivoluzione, di sembrare antimoderna, di opporsi alla modernità. Io credo che sia il

contrario. E sono orgoglioso che sia stato un Paese protestante come l'Inghilterra a dare asilo ai preti cattolici perseguitati. Infatti non c'è libertà

più fondamentale della libertà religiosa".

da Il Sabato, 29 aprile 1989


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