Ancora l'autorevolezza di J. Ratzinger:
(...) I temi del vero e del bene non sono separabili. Platone aveva ragione identificando il punto più alto del divino con l'idea del bene.
Inversamente, se non possiamo conoscere la verità riguardo a Dio, allora anche la verità riguardo a ciò che è bene e a ciò che è male resta inaccessibile.
In tal caso non esiste il bene e il male; rimane solo il calcolo delle conseguenze: l'ethos viene sostituito dal calcolo.
Detto ancora più chiaramente:
LE TRE DOMANDE SULLA VERITA', SUL BENE, SU DIO SONO UN'UNICA DOMANDA.
E se ad essa non c'è risposta, allora brancoliamo nel buio riguardo alle cose essenziali della nostra vita.
Allora l'esistenza umana è veramente "tragica".
Il concetto biblico di Dio riconosce Dio come il Bene, come il Buono (Mc. 10,18). Questo concetto di Dio raggiunge il suo culmine nell'affermazione giovannea:" Dio è amore." (Gv. 4,8)
VERITA' E AMORE SONO IDENTICI.
Quest'affermazione - se ne raccoglie tutta la sua portata - è la più grande garanzia della tolleranza*; di un rapporto con la verità, la cui unica arma è essa stessa e quindi l'amore.
(J. Ratzinger al convegno di Lugano "per una convivenza tra i popoli. Emigrazione e multiculturalità", marzo 2002)
*tolleranza non va intesa come sopportazione (che nasconde l'integralismo) né come indifferenza (che approda allo scetticismo), ma come dialogo che si realizza nell'amicizia, cioè nel confronto e nella collaborazione (da Umanesimo integrale di J. Maritain, ndr).
Riassumendo, per vedere se ho capito:
tutti gli uomini sono figli di Dio, sono fatti a sua immagine e somiglianza. La ragione (non quella strumentale o pratica), se usata bene, porta alle soglie della fede, cioè al SENSO RELIGIOSO ("l'atto d'origine" dell'uomo, se dovessimo dirla in termini burocratici):
"...quando il "perché delle cose" viene indagato con integralità alla ricerca della risposta ultima e più esauriente, allora la ragione umana tocca il suo vertice e si apre alla religiosità. In effetti, la religiosità rappresenta l'espressione più elevata della persona umana, perché è il culmine della sua natura razionale. Essa sgorga dall'aspirazione profonda dell'uomo alla verità ed è alla base della ricerca libera e personale che egli compie del divino. (...) (Giovanni Paolo II: udienza generale, 19.10.1983)
Usando la bella immagine riferita da Dante Balbo, porta l'uomo - tutti gli uomini - alla soglia (alla porta) della cattedrale. Ma non ci potrebbe mai arrivare se non si ammettesse la capacità forte della ragione umana di cogliere il vero, il bene, il bello, che poi sono predicati dell'essere (della realtà in senso lato, di ciò che è, e quindi anche dell'Essere).
E' questo l' "universale comune" su cui può inserirsi la proposta cristiana verso tutti, verso tutte le culture, in modo privilegiato con la testimonianza di vita trasformata.
In questi testi e nell'apporto di Dante Balbo mi sembra di aver trovato, in un modo un po' tormentato, qualche risposta alle tre domande.
E come posso varcare la soglia ed entrare nella Cattedrale (la Verità rivelata). Con la Grazia e con la scelta personale, cioè con l'atto della libertà. (La fede formalmente è un atto della ragione).
(Il Credere di credere - sperare di credere- di Gianni Vattimo, esponente del pensiero debole "morbido", evacqua tutto il contenuto della Verità, e poi sostiene di basare il suo cristianesimo sull'amore, sulla carità. Ma l'Amore è Verità e viceversa. Allora il suo cristianesimo cos'è? Una forma mascherata di "buonismo"?)
Un esempio di ragione onesta di un intellettuale non credente è quella, mi pare, di Norberto Bobbio in questo articolo:
http://www.criticamente.com/bacheca/bac ... redere.htm
C'è nessuno che possa dare un contributo per ulteriore chiarificazione?