Messaggioda giardiniere dell'Eden » lun gen 30, 2006 6:44 pm
- 5 -
...La doppia tentazione emerge continuamente nella storia, dove si osserva una incapacità di mediare correttamente i due aspetti.
Lo sviluppo della tradizione cristiana, dai primi secoli ad oggi, collega strettamente la povertà evangelica con tre finalità delle quali, di volta in volta, viene accentuata l'una o l'altra:
1. Povertà per la sequela,
finalizzata soprattutto all'essere discepoli, nel seguire un maestro che è il Dio della kenosis, dello spogliamento radicale, quel Gesù che chiamava i suoi discepoli a seguirlo dicendo: chi vuole seguirmi, prenda la sua croce, perché chi perde la propria vita la troverà. Diceva anche: le volpi hanno la loro tana, gli uccelli il nido, ma il Figlio dell'uomo non ha neppure un sasso dove posare il capo; quindi la povertà è necessaria per imitare il Maestro.
2. Povertà per la carità:
in una dimensione orizzontale di rapporti umani, a partire dalla considerazione che i beni sono limitati, i cristiani sottolineano che il possesso eccessivo di beni da parte di pochi, finisce per sottrarre a molti altri quei beni necessari per la sopravvivenza, o almeno per lo sviluppo di una vita dignitosa.
Potremmo anche chiamarla "povertà per la giustizia", in quanto la carità include la giustizia come equa distribuzione dei beni, anche se la carità va oltre, perché supera il diritto e si muove nella prospettiva del puro dono.
3. Povertà per la libertà,
nel senso che la ricchezza viene condannata, a partire dalla Bibbia, in quanto chiude il cuore dell'uomo su sé stesso, e le condizioni che sembrano sviluppare il massimo di libertà, producono invece schiavitù, dipendenza ed incapacità di vivere in profondità la ricerca dei valori importanti.
L'eccessiva abbondanza, se per un verso può creare appagamento, per l'altro verso crea una situazione di affanno, di continua tensione, di continuo assorbimento intorno al possesso, per conservarlo o per espanderlo, impedendo di cogliere altre dimensioni dell'esperienza umana.
Queste tre categorie rappresentano ciascuna un elemento di definizione della povertà: essa deve essere per la sequela, per la carità e la giustizia, e forse deve essere ciò attorno a cui ruota tutto; povertà per la libertà di conservare questo cuore aperto, sgombro da forme opprimenti di schiavitù, che impediscono all'uomo di aprirsi all'altro, e di aprirsi a Dio.
(da Povertà come condivisione di Giannino Piana, '97)
continua