Messaggioda redazione Caritas Ticino » mar ott 17, 2006 2:50 pm
Dopo il discorso di Regensburg: uno strumento per capire
Uno strumento per capire:
Il franco-tunisino Alexandre Del Valle, illustre saggista, geopolitologo, ricercatore alla Sorbona di Parigi e collaboratore di prestigiose testate come Le Figaro, France Soir e Quaderni Geopolitici, è uno dei maggiori esperti a livello internazionale delle tematiche riguardanti il terrorismo e il cosiddetto "scontro di civiltà" tra Islam e Occidente.
E' autore di numerosi e importanti saggi, tra i quali "Il totalitarismo islamico: all'assalto delle democrazie". In occasione della sua recente visita in Italia, durante la quale è stato impegnato in numerose conferenze, ha concesso la seguente intervista a L'Informazione. utile per capire alcuni aspetti degli eventi che ci circondano. -alex
Recentemente, il discorso di Papa Benedetto XVI nel quale ha affermato che "la guerra santa è contro Dio" ha fatto scattare le proteste del mondo islamico. Secondo lei il Papa dovrebbe chiedere scusa?
<Secondo me sarebbe un errore, perchè il Papa non solo non ha detto niente di falso, ma ha detto una cosa che pensano molti fedeli e governi musulmani. Faccio un esempio: la Tunisia, grazie a figure come l'ex ministro dell'educazione, ha vietato nelle scuole pubbliche alcune
sure del Corano o le ha riformate, decontestualizzate, perchè la Tunisia ha capito da molto tempo che se non sradichiamo, se non cancelliamo l'origine teologica della violenza che purtroppo è insita, se non in tutto, ma in alcune parti del Corano, non si può dopo lottare contro quelli che vogliono utilizzare questa violenza in nome di Dio, perchè loro si potranno sempre riferire alla Shari'a, la legge islamica, mai riformata dal secolo decimo, o direttamente al Corano. Il Papa ha solo detto quello che moltissimi musulmani dicono, pensano, e per cui alcuni sono anche morti. Io direi che tutto sta nel problema che questa religione non è stata riformata dal secolo decimo, mentre tutte le religioni, anche la chiesa cattolica, da sempre criticata per il suo oscurantismo, l'ha fatto. Nell'Islam non c'è mai stata discussione, e la reazione violenta degli arabi, dei pachistani e di tutto il mondo islamico, è la manifestazione del problema interno all'Islam, cioè l'assenza dell'autocritica. Nell'Islam c'è l'abitudine di accusare gli altri, gli ebrei, i sionisti, i massoni, i comunisti, gli americani, i liberali, ma mai di fare autocritica; e una civiltà, per quanto possa aver sofferto in passato, non può solamente criticare gli altri. Con il suo discorso, il Papa ha solo voluto aiutare i musulmani a liberarsi dalla loro prigione coranica e shariatica».
Il Vaticano ha poi ripetuto come il concetto di guerra santa sia estraneo allo stesso Corano. Quindi, anche secondo lei non sarebbe un concetto fisiologico nella religione islamica, ma deriverebbe da questo processo di non modernizzazione?
«La violenza è intrinseca nella vita di Maometto, non lo possiamo negare. Il Profeta ha partecipato a 37 combattimenti con la spada in mano, ci sono le sure con le sue gesta, e i musulmani sono molto fieri del fatto che non fu come Gesù, cioè soltanto un uomo di spiritualità, ma fu anche un politico e un combattente. In arabo si dice sempre: "La religione di Maometto con la spada". Quindi non è un'accusa, ma una realtà storica. Ma è anche vero che in qualche corrente islamica modernizzata c'è la volontà di decidere che le gesta violente del Profeta debbano essere riferite all'epoca, storicamente molto violenta, in cui Maometto ha vissuto e lottato. I musulmani moderati dicono che dobbiamo dimenticare l'Islam di Medina, il luogo dove divenne violento, e tornare alla religione degli inizi, esattamente come ha detto Ratzinger. Alla Mecca, nel momento della prima predicazione, Maometto non era violento, perchè era solo, ed era amico degli ebrei e dei cristiani. Io penso che per salvare l'Islam basterebbe contestualizzare, riformare, definire "superate" le
sure di Medina, e far prevalere quelle della Mecca. Sarebbe abbastanza facile, è stato fatto in Turchia, in Tunisia, e salverebbe il mondo islamico dalla violenza».
L'integralismo islamico deriva principalmente da questa mancanza di revisionismo o ci sono anche altri fattori scatenanti?
«Più che integralismo musulmano io lo chiamerei totalitarismo, perchè un integralista può essere anche non violento, per esempio come i testimoni di Geova. Il totalitarismo, invece, ha come caratteristica il rifiuto della libertà, il disprezzo della vita e la violenza assoluta contro chi non la pensa allo stesso modo, e riferendoci ad Al-Quaida, ha parecchie radici, ma la principale la trova nell'assenza di riforma nell'Islam sunnita. Anche l'Ayatollah Khomeini, sciita, è stato influenzato da un'organizzazione sunnita, i Fratelli Musulmani, nati negli anni '30 in Egitto, che avevano come scopo il ritorno all'Islam delle origini, prima di quello straordinario influsso di culture che ha fatto nascere l'Islam come lo conosciamo noi oggi. I sunniti dicono che tutto ciò che è fuori dall'Arabia Saudita, fuori dal beduismo dei primi musulmani, è corrotto, infedele: per questo la volontà dei Fratelli Musulmani di tornare alla vita di Maometto beduino con la spada è la radice principale di tutti totalitaristi, che utilizzano sempre la parola "Medina" nei loro proclami. Loro non pensano che l'Islam della Mecca non fosse vero, ma che l'Islam perfetto fosse quello finale, della violenza della Jihad di Medina. Soltanto dopo di questo viene la rabbia anticolonialista, contro il sionismo, Israele e l'occupazione dell'Iraq, ma sono tutti pretesti che legittimano la guerra santa più che darvi spiegazione. L'origine del totalitarismo avvenne molto prima, internamente, per la mancanza di riforme: ma non dimentichiamo che questo sentimento venne rinvigorito dalle colpe dell'Occidente, e la principale fu di aver appoggiato gli integralisti. Ma questo lo scrive Magdi Allam: durante la Guerra Fredda abbiamo accolto e addestrato la maggioranza degli islamisti sunniti che dopo hanno creato Al-Quaida».
Quali sono i rischi concreti che le società multietniche occidentali corrono per gli attentati organizzati da comunità islamiche nate e cresciute al loro interno?
«Il rischio principale è rappresentato dall'ingenuità delle società aperte. Io sono per l'apertura ed il dialogo, ma l'errore che le democrazie europee stanno facendo è dialogare con chi non merita il dialogo. L'associazione italiana dell'Ucoii è il perfetto esempio: è un'associazione patologicamente antisemita, antiebraica, che rifiuta il pluralismo e la laicità. Mi ricordo in un convegno a cui parteciparono il presidente ed il portavoce del movimento, durante il quale chiesero, davanti alle telecamere, la completa islamizzazione dell'Italia, aggiungendo: «Se non ci date più denaro, non vi stupite se creeremo terroristi in Italia». In quell'occasione, minacciò apertamente gli italiani di rappresaglie terroristiche, e ha funzionato: dopo poco tempo l'Ucoii è stato ufficialmente riconosciuto dal Governo italiano. Dunque il rischio principale non è solo il terrorismo islamico, che, in proporzione, colpisce maggiormente i paesi islamici, ma anche dare troppo spazio a questi integralisti falsamente moderati, che non utilizzano come arma il terrorismo, e che sono consci del fatto che si ottiene di più contando sull'eversione dei nostri valori, la falsa moderazione, il doppigiochismo. Il musulmano ha un rapporto con il tempo diverso dagli occidentali: l'Ucoii sa che progredirà a tappe, e che la minoranza musulmana diventerà in futuro maggioranza, complice anche il basso tasso di crescita demografica degli europei, l'assenza di politiche che favoriscano la loro natalità e la mancanza di un controllo efficace dei flussi migratori. Io proporrei di accogliere coloro che accettano i nostri valori, ma di non avere pietà contro chi vuole invaderci in senso politico e ideologico».
Non possiamo non citare la morte di Oriana Fallaci, che ha denunciato con accanimento il problema dello scontro tra civiltà: lei la conosceva?
«Non personalmente, ma eravamo da tempo in contatto: infatti, non condividevo del tutto "La rabbia e l'orgoglio", e glielo dissi: lei allora mi chiese di aiutarla per avere più materiale per scrivere "La forza della ragione", e sono stato contento che abbia utilizzato i dati che le ho fornito. Mi menzionava parecchie volte nei suoi libri, dicendo che avevo fatto un lavoro coraggioso e per me è stato un gran complimento. Mi ricordo l'ultima telefonata che abbiamo avuto, circa due anni fa, dove mi disse che i medici le davano cinque mesi di vita. Allora mi gridò: «Non sono loro a decidere quanti mesi mi restano, io ho deciso di vivere ancora due anni, perchè devo scrivere ancora due libri sull'Islam e perchè sono totalmente devota a questa lotta per la sopravvivenza dell'Occidente». E quello che è strano, lei che non era credente, è stata ascoltata da Dio, ed è scomparsa esattamente due anni dopo quella telefonata. Aveva una volontà talmente forte che è sopravvissuta molto di più di quanto dicevano i medici. Diceva: «Più il mio corpo diventa debole, più il mio spirito è forte e più riesco a scrivere cose profonde».
C'è negli scritti di Oriana Fallaci questo concetto di Eurabia che è davvero preoccupante: lei cosa ne pensa?
«Il concetto di Eurabia è stato molto criticato. Quello che si tende a dimenticare è che non fu un concetto suo, lei lo ha solo popolarizzato, ma che è stato espresso da un'ebrea egiziana, una delle massime conoscitrici della Jihad, ora rifugiata in Svizzera. Questa studiosa ha detto che l'Eurabia sarà il futuro dell'Europa che, avendo paura del terrorismo e di finire le scorte di petrolio, si offrirà al proselitismo sunnita in cambio di una specie di protezione. Lei dice che questa concezione ricalca perfettamente lo status dell'infedele in terra islamica, che per essere risparmiato deve sottomettersi e accettare l'assenza totale di reciprocità. Il migliore esempio di Eurabia che posso citarvi è a Roma, dove è stata costruita la più grande moschea d'Europa, ed è una moschea di arabi sunniti. Mi ricordo una discussione con Andreotti a Roma alla fondazione De Gasperi, dove gli chiesi:
«Come mai non c'è stata nessun segno di distensione dopo la costruzione di una moschea voluta dall'Arabia Saudita?», che è uno dei paesi arabi più intolleranti. Lui mi rispose:
«Noi non possiamo chiedere la reciprocità a loro, perchè non la concepiscono». Io dissi allora:
«Ma se non c'è reciprocità non ci può essere neppure amicizia, c'è qualcosa che non va, in Arabia i cristiani vengono perseguitati». E Andreotti rispose:
«Non è un problema che dobbiamo sottolineare, dobbiamo iniziare noi dando l'esempio».
Io condivido lo spirito di questa frase, ma in pratica il problema è che questi sauditi sunniti si approfittano del fatto che i nostri dirigenti non chiedono loro nessuna reciprocità. Almeno Ratzinger ha avuto il coraggio di essere odiato perchè lui vuole la verità, e professa l'amicizia, ma non con gente che non vuole il dialogo. Proprio per questo il Papa ha accettato di andare a Istanbul, anche se nella Turchia attuale i cristiani sono perseguitati. Credo che il nostro Papa sia coraggioso, perchè sottolinea quello che nè Berlusconi, nè Blair, nè Chirac, nè Prodi hanno mai fatto, cioè che stiamo facendo entrare in Europa un paese che non dà nessun spazio di libertà religiosa agli aliviti, agli ebrei, e ai cristiani. Questo è grave: possiamo essere amici con i turchi finchè vogliamo, ma in realtà non ci rispetteranno. Diranno che siamo degli ingenui, dei deboli. Se l'amicizia, ad ogni livello, è fondata almeno su un minimo di rispetto reciproco, tale rispetto non esiste in nessun paese musulmano, neanche in Tunisia, il paese più liberale del mondo arabo».
I rapporti tra popolazione palestinese e israeliana sembrano tornati a quelli di 30 anni fa. Lei pochi mesi fa era in Israele: come vede adesso la situazione?
«Dobbiamo ragionare su come è rinato il conflitto: Israele, dal 2000, ha iniziato il ritiro delle truppe dal sud del Libano, e non aveva più nessun conflitto con Hezbollah. A causa delle attenzioni della comunità internazionale sull'Iran, primo fra tutti l'armamento nucleare, proprio l'Iran ha fatto addestrare e ha messo in marcia il suo braccio armato libanese, Hezbollah, per provocare Israele e creare una trappola mediatica. L'intenzione era di provocare Israele perchè, essendo i miliziani Hezbollah nascosti nelle comunità dei civili, l'esercito avrebbe dovuto adottare una tattica più cruenta, come il bombardamento aereo, che va a colpire anche la popolazione innocente. Come ha sottolineato un rapporto di Amnesty International, la strategia di Hezbollah è stata dichiaratamente provocatoria e contraria ai diritti dell'uomo, ed ha causato tantissimi morti con il solo scopo di attirare l'attenzione dei media sul conflitto. La provocazione è riuscita, ma quello che hanno sottovalutato è stato che la rappresaglia israeliana è stata più efficace del previsto, ha coinvolto anche numerose truppe di terra che hanno stanato e ucciso più di 600 miliziani Hezbollah. Il gruppo armato ora è indebolito, non ha più una sede e il suo capo è costretto a nascondersi. La seconda cosa positiva per Israele è che tutto l'occidente, durante il G8 di San Pietroburgo, ha deciso di appoggiarlo riconoscendo che Hezbollah ha volutamente rinfocolato il conflitto: ora la risoluzione dell'Onu 1701 prevede il suo disarmo. Come se non bastasse, il Governo libanese riconosce in Hezbollah una minaccia: il gruppo ha ormai perso, perchè credeva di essere talmente popolare lottando contro il nemico israeliano che nessuno avrebbe chiesto il suo disarmo. Ma i libanesi non sono stati trascinati nell'odio antiebraico a tal punto da perdonare le distruzioni arrecate al paese a causa dell'errore di Hezbollah. Io direi che finalmente le sorti di questa guerra si sono rovesciate».
Data la situazione molto tesa, c'è il rischio che queste reazioni eccessivamente violente portino gli islamici moderati verso l'estremismo?
«Sono d'accordo nel pensare che la maggior parte degli stati e delle popolazioni musulmane sarebbero, badate bene, sarebbero moderati. Il vero problema è che gli islamici integralisti sanno benissimo che se c'è una causa molto popolare è quella contro Israele, contro il sionismo. Quello che tendiamo a dimenticare è che dopo il 1945 la maggioranza dei nazisti ha trovato rifugio nei paesi arabi, e che nel giro di 50 anni tutte le opere antisemite naziste, come "I protocolli dei saggi di Sion", o il testamento politico di Hitler, il "Mein Kampf", sono diventati dei best sellers nel mondo arabo. Gli integralisti musulmani hanno creato una moda, una tendenza prohitleriana. Se lei va in Turchia oggi, i best sellers sono proprio le opere antisemite, che in Europa può trovare solo nelle librerie di estrema destra, o di estrema sinistra, ma le nostre democrazie hanno di fatto vietato di essere filonazista. Nel mondo arabo, invece, è molto ben visto essere prohitleriano o pronazista, e questo antisemitismo fa si che chi dice "ammazziamo gli ebrei e i crociati fino alla completa sottomissione" venga seguito ed ammirato. Disgraziatamente, anche se in maggioranza sarebbero moderati, i musulmani adottano molto bene questo discorso: il mondo arabo sta vivendo tuttora quella banalizzazione dell'odio razziale che noi abbiamo vissuto negli anni '30 quando la letteratura e il sapere seguivano i dettami dei regimi totalitari. Questo spiega perchè le minoranze sono perseguitate nel mondo arabo».
Sembra che la crescita del terrorismo internazionale sia inversamente proporzionale alla risoluzione del conflitto arabo-palestinese: i due fenomeni sono collegati?
«Il problema palestinese all'inizio era un problema legato al nazionalismo, di un popolo che voleva la sua terra su cui esercitare la propria sovranità. Ora non c'è più soluzione perchè la causa palestinese è diventata una causa islamica integralista: nella carta di Hamas, così come nello statuto dell'Olp di Yasser Arafat, le organizzazioni con le quali le nostre democrazie vorrebbero dialogare, c'è scritto in modo chiaro che bisogna "rifare il califfato, regnare su tutto il mondo, e distruggere i comunisti, i massoni, gli ebrei e i cristiani ovunque nel mondo". Non vogliono solo l'annientamento totale di Israele, ma nella loro mentalità l'ebreo e il cristiano è tollerato solo se è un cittadino sottomesso. Non vedo nessuna soluzione fino a quando le forze progressiste, laiche, nazionaliste non avranno sconfitto gli islamici integralisti. E' vero che dobbiamo aiutare Israele a dialogare, ma credere che l'origine di Al-Qaeda sia nella causa palestinese è un errore fondamentale, perchè la causa palestinese è nata dopo l'islamismo integralista, che a sua volta è nato sotto l'Impero Ottomano. L'islamismo è nato ancora prima della creazione di Israele e non minacciava l'America, bensì i musulmani moderati, come gli antenati di Mustafa Atatürk, fondatore e primo presidente della Repubblica Turca. L'integralismo islamico, prima di tutto, vuole distruggere le forze islamiche moderate o laiche, poi ha preso come pretesto la causa palestinese. Non dobbiamo cadere nella trappola di credere che calmeremo gli integralisti togliendo il nostro appoggio a Israele o abbandonando Bush e ritirandoci dall'Iraq. L'integralismo è come una rivoluzione oscurantista interna, esattamente come il nostro nazismo. Per questo ho coniato il neologismo nazislamismo, perchè gli integralisti islamici sono più nazisti che religiosi, la religione per loro è un pretesto, secondo il quale tutto il mondo dovrà appartenere alla Umma, la società islamica perfetta dei fedeli che deve obbedire alla Shari'a».